La forza di cambiare idea: la vicenda del diploma magistrale e il melius re perpensa del Tribunale di Siena

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In sede cautelare il Tribunale di Siena non aveva neanche convocato le parti, fissando un’udienza. Unico caso in Italia. In pieno agosto, qualche giorno dopo la pausa (di 24 ore) di ferragosto, ricordo di aver ricevuto una pec dal Tribunale di Siena nell’androne del mio studio di Messina. Era prestissimo ed i miei collaboratori non erano ancora arrivati. Impaziente di leggerla decisi di prendere un caffè al solito bar e così, dopo aver aperto il cancello dell’androne, tornai indietro e cominciai a leggere già camminando. Rigetto. Il Giudice di Siena Delio Cammarosano aveva rigettato la nostra domanda cautelare senza neanche fissare l’udienza: con decreto.

I miei ragazzi, dopo qualche minuto, arrivarano alla spicciolata e dopo avermi chiesto se si fosse rotta la nostra amata Nespresso si affiancarono alla lettura: una quindicina di pagine o giù di li. I diplomati magistrale non avevano più possibilità di essere ammessi in GAE, avevano perso il loro ultimo “treno” nel 2007 e oggi è troppo tardi per lagnarsi. La motivazione rispecchiava il leit motiv di altri Tribunali (Bologna in testa), ma il modo con cui la questione veniva liquidata era preoccupante: i diplomati magistrale non avevano neanche diritto ad un’udienza, bastava un decreto di rigetto inviato via pec. Quando arrivò l’Avvocato Rosario Cannata erano già le nove e prima di disquire del rigetto a mezzo decreto e senza neanche udienza della nostra domanda cautelare ordinò una granita che poi neanche mangiò per intero. Mentre i più giovani (Roberto, Giovanni, Alberto, Mariachiara, Albertino e gli stagisti del Summer Law Camp), sbraitavano circa l’inesistenza di una simile possibilità secondo quanto avevano appena finito di studiare all’Università, io, d’impulso, chiamai il Tribunale di Siena. Volevo parlare con il Giudice per chiedere spiegazioni. Non ci riuscii, pur lasciando un messaggio ad una cancelliera che mi chiese perchè non fossi alle Isole Eolie o a Taormina come tutti i messinesi.

La settimana passata, sempre a Siena, arrivò l’udienza di merito; quella che, per legge, doveva essere celebrato e nessun decreto poteva cancellare. Abbiamo depositato una trentina di pagine di memoria spiegando perchè, a nostro modo di vedere, quel decreto era sbagliato. La nostra domiciliataria, scrivendoci dell’esito della discussione, ci chiarì che il Giudice aveva letto la nostra memoria e che avrebbe voluto riflettere valutando tutti i nuovi argomenti portati a supporto e volti a sconfessare la sua posizione di agosto. Anche per questo si rinviò di 10 giorni. Ieri (21 novembre) la sentenza: definitiva e conclusiva del primo grado. Accoglie. Ha cambiato idea rivalutando e rimeditando sotto una nuova luce l’intera vicenda.

Ecco perchè.

In primis si valorizzano i nostri approfondimenti sulla nullità dell’ultimo D.M. 325/15 su cui siamo riusciti a far pronunciare espressamente il TAR LAZIO.

Il Tribunale, in particolare, da atto come il T.A.R. Lazio si sia allineato “alla giurisprudenza formatasi in senso al Consiglio di Stato, anzi sembrando addirittura compiere riferimento ad un pacifico annullamento erga omnes dell’atto lesivo, come già affermato dal Consiglio stesso (sent. 2015/n. 3788, del 3/8, come nella sent. 2015/n. 3628, del 21/7/2015, che parla del proprio precedente intervento quale pronunciamento interpretativo, avente ad oggetto il regime normativo pertinente e, come tale, valevole erga omnes) (cfr. ancora, ord. 26/10/2015, n. 4603 della medesima Sezione Terza bis). Se la questione attinente alla efficacia oggettiva e soggettiva delle pronunce del Consiglio di Stato è certamente irrilevante (ben potendo il giudice condividere la sostanza delle argomentazioni della giurisprudenza amministrativa, come ovviamente integrarle, o adottarne di proprie)(cfr. ad es. Trib. Vicenza, ord. 3/8/2015, giudice Gaetano Campo, p. 1; giudice Eugenio Alberto Stancanelli, nella ordinanza 13/8/2015 del Tribunale di Enna, p. 8), certamente la presa d’atto di una certa efficacia erga omnes risolverebbe radicalmente la fondamentale questione di merito (Cfr. analogamente Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), ordinanza 31/8/2015, n. 39099, “conformemente, a un orientamento ormai piuttosto consolidato della Sezione”).
“Non si tratta, dunque, di un impulso reinterpretaivo metagiuridico, ma di una ineludibile istanza paritaria che muove da diritto appena nato, ma assai ben vivente” (Trib. Siena, 21 novembre 2015, n. 314).

Il Giudice ha avuto la forza di cambiare idea anche avendo riguardo ai fondamentali principi di parità ed eguaglianza che sono il baluardo cardine della nostra costituzione.
Proprio partendo da tali premesse circa gli ultimi approdi del G.A. in tema di nullità, il Tribunale di Siena ha posto l’accento sul principio dell’affidamento incolpevole dei docenti richiamando i noti principi della Corte Costituzionale.
In sostanza, deve e può affermarsi che un diritto, come abbiamo detto già sussistente, possa restare quiescente, addormentato nel bosco della selva normativa, in attesa, in stand by, e ciò, essenzialmente, non per inerzia del titolare, ma in forza di una indiscussa, granitica prassi di misconoscimento attuata dalla pubblica amministrazione, nella specie scolastica, quindi da un potere pubblico, che autoritativamente nemmeno consentiva, proprio materialmente (attesa la notoria impossibilità del necessario accesso telematico per la categoria) la presentazione della domanda, nessuna decadenza, pertanto, potendo ritenersi operante. Pur non versandosi certamente in un caso di impedimento per forza maggiore, si impone comunque una interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina e l’inoperatività di qualsiasi decadenza.
Nel pensiero della Corte Costituzionale, cfr. anche da ultimo sent. 2014/n. 89: “questa Corte ha più volte ribadito che per i ricorsi promossi prima della citata sentenza sussistono gli estremi dell’errore scusabile già riconosciuto in ipotesi del tutto analoghe da questa Corte, in ragione del fatto che tale profilo di inammissibilità a lungo non è stato rilevato, sì da ingenerare affidamento nelle parti in ordine ad una interpretazione loro favorevole (sentenze n. 219 del 2013, n. 203 del 2012, n. 202 del 2012, n. 178 del 2012 e n. 142 del 2012)”. In particolare nella sent. 2012/n. 178 si ritiene che “l’inammissibilità dei ricorsi derivante dall’indicata tardività del deposito non può essere dichiarata nel presente giudizio. Si deve, infatti, tener conto della lunga prassi di questa Corte, la quale in numerose pronunce non ha rilevato l’inammissibilità del ricorso sotto questo profilo. Siffatta prassi ha determinato, anche per l’obiettiva incertezza interpretativa delle norme processuali in materia, un errore scusabile tale da ingenerare nelle Province autonome l’affidamento circa la non perentorietà del suddetto termine di deposito (citata sentenza n. 142 del 2012)” (Trib. Siena, 21 novembre 2015, n. 314).

 Per carità, avremmo potuto perdere dopo aver vinto e la virtù di tale revirement avrebbe avuto un sapore diverso, ma non avremmo mai potuto negare parole di stima per chi, senza vergogna, ammette di aver semplicemente cambiato idea.