A Messina le scuole (asili, elementari e medie giacché le superiori sono chiuse in tutta Italia) richiuderanno per una settimana per decisione sindacale. Stavolta l’Asp non ha evidenziato alcuna situazione critica e l’Ufficio scolastico provinciale, “il vecchio provveditorato” per intenderci (che è l’articolazione territoriale del Ministero per le scuole cittadine) ha espressamente detto che va tutto bene. Per carità, bene come si può stare in pandemia.
L’Ufficio scolastico di Messina, difatti, nel report pubblicato oggi, ha confermato che il 96% delle scuole cittadine hanno risposto alle richieste dello stesso Ufficio volte al monitoraggio della situazione epidemiologica con risultati tutt’altro che preoccupanti (in pandemia si intende). “I dati esposti“, scrive l’Ufficio, “e l’universo di riferimento confermano il basso numero di contagi e l’efficacia delle misure organizzative delle scuole e delle indicazioni del Ministero dell’Istruzione“.
Per l’infanzia 1 solo positivo tra gli alunni e 1 docente. Per la primaria 19 docenti e 19 alunni su oltre 9.000 tra docenti e alunni con una percentuale di 0,22% che sale addirittura allo 0,34 per le medie.
Numeri allarmanti? No. Numeri critici rispetto alle zone rosse? No. Solo numeri che non dicono affatto che le scuole vanno chiuse. E non serve né uno statista, né un virologo e neanche un avvocato per dirlo. Sono fin troppo chiari. Se, a questi numeri, si accostano quelli delle scuole paritarie la percentuale scende ulteriormente stante il fatto che in tali realtà scolastiche il rapporto alunni docenti è molto basso perché molto meno numerose sono le classi (che sostanzialmente mai superano le 15 unità).
In tante famiglie, da ieri sera, ci chiedono tutela: “La prego, facciamo qualcosa…”, scrivono.
Posso fare poco, purtroppo. E lo dico con estremo dispiacere nel leggere tanti accorati appelli.
Dopo la prima azione, rappresentata da 3 atti stragiudiziali notificati al Comune (per oltre 550 aderenti) e da un ricorso al T.A.R. (per i primi 50 che erano riusciti ad inviare la procura con i mezzi che la Legge sulla pandemia ha ritenuto leciti senza alcuna magia, dunque) a cui non si è dato seguito stante l’ottenuta riduzione da 3 a 2 giorni con successiva riapertura, che lo studio ha ritenuto di svolgere pro bono, oggi ci viene deontologicamente impedito di agire in tal senso avendo sostenuto che tale attività configurerebbe accaparramento di clientela.
Orbene, in disparte che gli ideatori di questa geniale trovata, non conoscono la differenza tra gratuità dell’azione e pro bono e per questo potrebbe essere utile leggere la sezione dedicata dei nostri siti web regolarmente registrati all’Ordine di appartenenza, resta il fatto che obblighi deontologici mi impongono di non ripetere il presunto abuso consentendo al Consiglio distrettuale di disciplina di decidere circa la correttezza di tale condotta. Avvertimenti, peraltro, tutt’altro che velati, provenienti proprio dallo stesso Comune che avvertiva, nell’attesa diretta alla città della scorsa settimana, che di questi fatti se ne sarebbero occupati le Autorità competenti! Non vediamo l’ora così da scoprire che dal mese di marzo la Legge ha introdotto la legittima possibilità di trasmettere le procure a mezzo mail.
Nè, purtroppo, a fronte di una spesa di accesso alla giustizia il cui costo è pari quanto meno al contributo unificato da pagare allo Stato (pari a € 650) potrei mai chiedere a una famiglia di sobbarcarsi spese per metà del loro stipendio per consentire ai propri figli di non perdere una settimana di scuola. Con il rischio che il provvedimento, come la volta precedente, venga rivisto, cambiato, ridotto e poi allungato con costi impossibili da prevedere. La produzione di ordinanze su ordinanze, con tempi di durata così breve, rende, a ben vedere, impossibile un vero accesso alla Giustizia con buona pace dei diritti costituzionali che a tutti i cittadini sono garantiti. Anche per questo si era scelto, convintamente, di agire pro bono sopportando, da soli, tutte le spese necessarie.
Questo, più di quello, per la nostra battaglia etica, non sarebbe deontologicamente corretto rischiando di far diventare ancora più beffardo il fatto di dover subire un provvedimento conclatamente illegittimo?
Perché, allora, se il Provveditorato, le scuole private e paritarie, il Ministero, la stessa Asp, sono esse stesse parti lese non scendono in campo al fine di tutelare i loro diritti e quelli dei cittadini? E’ francamente una domanda a cui non si riesce a trovare risposta.
Le norme, tuttavia, sono fin troppo chiare. Chi ha voglia e tempo può ripercorrerle.
Non pare, peraltro, che neanche al Comune sostengano più che vi siano norme utili a sostenere un potere residuale dei Sindaci tanto da sollecitare una posizione da parte della Regione. L’ordinanza, difatti, è stata pubblicata dichiarando (testuale) “PER LA MIA COMUNITA’ MI PRENDO ANCHE LE RESPONSABILITA’ CHE NON MI COMPETONO”.
Invero, la Regione aveva “spiegato” ai Sindaci dell’Isola sin dal mese di settembre 2020 cosa potevano e non potevano fare. Con parole equivoche? Giudicate voi.
“Per tali ragioni si invitano i Sindaci in indirizzo a comunicare alle Autorità sanitarie eventuali criticità che si dovessero rappresentare presso gli Istituti scolastici, di ogni ordine e grado, che insistono sul territorio comunale, astenendosi dall’emanare ordinanze contingibili e urgenti le quali, adottate senza il necessario conforto dei Dipartimenti di prevenzione competenti, si appalesano per la apoditticità delle decisioni ivi assunte”.
Circolare, poi ribadita qualche giorno dopo la precedente chiusura delle scuole a Messina.
Inascoltati, poi, sono gli appelli dell’OMS e del CTS secondo cui, per quanto apprendo dal pezzo di Repubblica di oggi a firma di Corrado Zunino, “considerate le conseguenze devastanti su bambini, ragazzi e adolescenti e sulla società nel suo insieme, le chiusure scolastiche dovrebbero essere considerate come l’ultimo provvedimento, temporaneo e solo locale, nel caso in cui l’epidemia non possa essere gestita con diverso approccio. Le chiusure non dovrebbero mai essere “pro-attive”, ma solo reattive“.
La mia escalation nella classifica dei personaggi importanti, infine, si chiude miseramente qui: da Azzeccargarbugli a Otelma, sino a “sibillatore che minacciano, che preannunciano, che carpiscono la buona fede pubblica“. Termine che, scusate la pedanteria, non esiste ma forse voleva essere s(o)billatore che, secondo la Treccani, è un “subdolo fomentatore di ostilità, ribellione o violenze”.
Ma a chi si riferiva?