Qualche settimana fa vi avevamo annunciato essere ormai alle porte il nuovo piano degli espropri degli immobili e dei terreni coinvolti dal progetto del Ponte sullo Stretto. Cliccando qui potrete leggere quell’articolo su come tutelarsi per ottenere il giusto indennizzo?
Nei giorni scorsi, invece, con la pubblicazione dei nominativi dei soggetti espropriati, la città ha scoperto che il “progetto Ponte” è più vasto di quanto potesse apparire anche in quanto sono coinvolte opere distanti decine di chilometri dai pilastri del ponte stesso. Un esempio su tutti la vastissima area in zona “Contesse” ove il progetto prevede un ampio vincolo ferroviario.
Dalla lettura dell’elenco dei soggetti coinvolti gli interessati avranno notato che, oltre agli immobili o ai terreni espropriati, vi sono anche quelli meramente “asserviti”.
Cosa vuol dire “asserviti”? Vuol dire che anche non perdendo definitivamente la proprietà di quel bene (immobile o terreno) si subisce un pregiudizio, un danno.
La realizzazione di un’opera pubblica, specie così importante e vasta come il “Ponte“, non incide soltanto sulla proprietà immobiliare, su cui viene realizzata, ma può essere altresì idonea a ridurre o eliminare talune qualità inerenti il diritto di proprietà di altri beni, che non siano stati già espropriati.
Il riferimento normativo è il comma 1 dell’art. 44, D.P.R. n. 327/01 secondo cui “è dovuta una indennità al proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà”.
Si pensi, per restare alla costruzione della ferrovia a Contesse, al fatto che vi sarà una scontata riduzione della capacità abitativa di un palazzo per effetto delle vibrazioni od intollerabili rumori ed odori ovvero per, taluni altri immobili, la perdita di luminosità, panoramicità e godibilità della casa stessa.
Basti pensare che lo snodo ferroviario attuale, pur rimanendo ove tutt’ora la città lo conosce, verrà duplicato in zona Contesse ove, concretamente, in questo nuovo polo ferroviario, giungeranno i treni con provenienza “Ponte sullo Stretto”. Se, allora, si immagina la costruzione di un così importante polo ferroviario, con i relativi servizi connessi, potrà scontatamente aversi certezza che, anche in quella zona, così popolosa e densa di palazzi, condomini e appartamenti, i disagi saranno davvero tanti.
Si tratta, quindi, ipotizzando come legittima l’intera procedura di dichiarazione di pubblica utilità su quel terreno o su quell’immobile (pensando, al contrario, per mera ipotesi, anche al caso in cui si sia errato ad individuare un immobile non interessato all’opera), di un ristoro nei confronti di tali soggetti. Un ristoro da consegnare, nonostante l’attività della P.A. sia ritenuta legittima.
Nella nuova nozione di responsabilità per attività legittima della p.a., infatti, ciò che deve essere valutato, ai fini del ristoro indennitario, è una apprezzabile diminuzione delle facoltà di godimento
e del valore di scambio della proprietà privata, che consegua oggettivamente alla realizzazione di un’opera pubblica, nonostante detta realizzazione sia avvenuta in modo legittimo, sia sul piano ideativo-progettuale, che sul piano esecutivo-materiale. Ecco perchè tra gli addetti ai lavori si parla di “espropriazione larvata”.
Si badi bene che tale forma di “ristoro” è in aggiunta al caso in cui, tale opera, non venga poi costruita a regola d’arte minimizzando, così, l’incisione negativa sulla proprietà privata.
Facciamo un esempio per rimanere al caso della ferrovia a Contesse. I nocumenti subiti possono essere legati alla fase dei lavori e quelli successivi.
Per anni, durante la fase di esecuzione lavori, i palazzi, assai vicini ai cantieri come appare dai mappali, conviveranno con enormi escavatori che dovranno creare le enormi gallerie di passaggio dei treni. Tra i nocumenti postumi, ad esempio, vi può essere quello acustico legato alle rumorose frenate in arrivo dei treni pur attutito da un ipotizzato sistema di insonorizzazione in progetto. Tale ristoro, tuttavia, si differenzia in modo netto, sul piano concettuale e giuridico, dalla diversa (e potenzialmente compresente) responsabilità della stessa Società Ponte sullo Stretto o Comune per fatto illecito, derivante da imperizia o negligenza nell’attività esecutiva dell’opera e, in particolare, sempre per rimanere allo stesso esempio, dalla circostanza che tale sistema di insonorizzazione non sia stato poi messo in atto.
Chiaramente per questi danni ulteriori servirà una prova specifica.
Per l’indennizzo da “espropriazione larvata”, invece, non serve nulla essendo già ammesso dallo stesso espropriante il disagio.
Come appare facile immaginare, nonostante non debba darsi una prova specifica, si può discutere sull’entità di tale “indennizzo” potendo essere più o meno significativa la compressione della capacità abitativa o produttiva aziendale ed oggettiva riduzione del valore economico.
Bisogna prestare particolare attenzione al fatto che, sovente, capita che i soggetti coinvolti nelle procedure di esproprio siano titolari sia di beni da espropriare che asserviti. In tali casi l’indennità di asservimento non è ricompresa nella cessione bonaria a meno che si faccia l’errore di accettare in maniera “tombale” con clausole omnicomprensive.
In questi casi di accordo bonario la giurisprudenza ha ritenuto che le indennità concordate siano omnicomprensive, in relazione ai danni diretti ed ai danni indiretti e, quindi, compresi quei danni su zone estranee alla dichiarazione di pubblica utilità, qualora determinati da opere previste e conformi al progetto (cfr. Cass SS.UU. n. 10502/2012; Tribunale di Venezia, III Sez. Civ. sentenza n.
1770/2012, confermata da Corte di Cassazione con ordinanza n. 20372/2015), in ordine alla fattispecie di particelle inutilizzabili, strettamente contigue a quelle espropriate ovvero a smontamenti su area limitrofa.
Ma perchè un privato ha diritto a essere indennizzato se, concretamente, la sua abitazione non è “toccata”.
Ci da una mano a capirlo la Cassazione. Si tratta di un basilare principio pubblicistico di giustizia distributiva, secondo cui le conseguenze economiche pregiudizievoli causate da opere dirette al conseguimento di pubblici benefici non possono ricadere su un solo privato o su una ristretta cerchia di privati, ma devono essere sopportate dalla collettività (Cass., Sez. III, 3.07.2014 n. 15223; Cass., Sez. Un., 11.06.2003, n. 9341).
Uno dei problemi più ricorrenti è legato al fatto che l’indennizzo potrebbe non spettare qualora l’immobile oggetto di pregiudizio sia urbanisticamente irregolare, per dimensioni o per destinazione d’uso, o comunque non sia ancora stato sanato, ovvero sia abusivo (cfr., da ultimo, Cass., Sez. VI, 22.11.2017 n. 27863). Sappiamo tutti quanto sia difficile che un immobile sia totalmente conforme a Legge ragion per cui questo elemento, verosimilmente, inciderà su tanti cittadini.
Quanto spetta a titolo di asservimento?
La norma non lo prevede ed allora ci si dovrà affidare, quale primo indice, ad un valore negativo. Secondo la giurisprudenza l’indennità non può superare quella di esproprio.
La valutazione, in ipotesi di non ritenuta congruità di quanto previsto dall’Accordo sulle procedure e metodologie da adottare per la determinazione delle indennità di espropriazione” del gennaio 2024, andrà affidata al prudente apprezzamento giudiziale.
Alcuni esempi ricavati dalla costruzioni di grandi opere (in particolare Gallerie come quelle ferroviarie che ci occupano – “Galleria della Pedeontana” S.P.V. in Malo).
Per la riduzione di luminosità e soleggiamento il valore massimo, adottato dalle autorità esproprianti si attesta sul deprezzamento pari al 10% del costo di ricostruzione degli ambienti danneggiati.
E così via per l’immissione di rumore, il deprezzamento è valutato secondo la seguente formula: la misura dell’indennizzo è uguale alla percentuale del 3,50% o 12,50% del costo di costruzione di
ciascun vano destinato al riposo di persone o non destinato al riposo di persone. Mentre per le vibrazioni in fabbricati, la quota d’indennizzo è pari al coefficiente 6,14 per la quota annua di costo manutentivo dovuto per le vibrazioni .
Un’ampia casistica è nota nel caso dell’ampliamento dell’Aeroporto Malpensa e di Milano, ad esempio, chiamato alla condanna dei danni causati alle proprietà immobiliari private sottostanti ai sorvoli degli aerei per immissioni acustiche e da gas di scarico (Cass., Sez. III, 03.07.2014 n. 15223).
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