Il TAR Lazio, con “nuovo orientamento giurisprudenziale”, aveva ritenuto che (le sottolineature sono nostre): “[…] il ricorso sia inammissibile e comunque irricevibile per omessa tempestiva impugnazione del D.M. n. 235 del 1 aprile 2014, concernente l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento (GAE) per il triennio 2014/15, 2015/16, 2016/17 che costituisce atto presupposto del D.M. n. 495/2016, immediatamente lesivo dell’interesse dei ricorrenti, atteso che le GAE per espressa previsione del legislatore hanno natura triennale e nel corso del triennio è consentito esclusivamente lo scioglimento delle riserve, secondo le modalità e i termini disciplinati con il D.M n. 325/2015 per l’annualità 2015/2016 e con il D.M. n. 425/2016 per l’annualità 2016/2017(v. art. 1, co. 4, del D.L. 97/2004 e ora art. 1, comma 10 bis, della L. n. 21/2016, che ha prorogato la validità di tali GAE fino all’a.s. 2018/2019); Ritenuto, quindi, che il ricorso va dichiarato irricevibile per la tardiva impugnativa del presupposto D.M. n. 235/2014”.
I nostri ricorsi sul D.M. 495/16, ad eccezione di quelli sulla c.d. nullità che verranno discussi a giugno 2017 e dunque in tempo utile per ottenere le supplenze per il nuovo anno scolastico, erano stati trattati prima di tale cambio di orientamento e contengono tutti un importante approfondimento di cui oggi il Consiglio di Stato ha confermato l’insuperabile decisività.
Innanzi all’Adunanza Plenaria, infatti, l’Avvocatura generale dello Stato aveva già sollevato la questione dell’inammissibilità dei ricorsi avverso il D.M. 325/15 proprio sviluppando la teoria oggi fatta propria dal T.A.R. Lazio. Tanto in memoria quanto in discussione orale avevamo sostenuto che tale argomento, seppur suggestivo, era infondanto in quanto grazie all’annullamento del D.M. 235/14 la questione era ormai superata.
“La mancata impugnativa del D.M. 235/14, infatti, preso atto del suo annullamento con la sentenza n. 1973/15 e con le seguenti è divenuta comunque indifferente ai fini del decidere. Se, difatti, tale D.M. fosse stato tempestivamente impugnato da taluni e non da altri ed i primi, allo stato, non avessero ancora ottenuto l’annullamento, si potrebbe discutere di tale carenza (recte decadenza) in capo ai secondi ma, oggi, in concreto tale situazione non c’è giacchè il D.M. 235/14 è stato annullato dal Consiglio di Stato prima dei D.M. 235/15 e 495/16 e con effetti erga omnes”.
Oggi la conferma di tale posizione da parte del Consiglio di Stato che chiarisce “poiché il D.M. 235/2014, atto di natura regolamentare, è stato annullato con efficacia erga omnes dalla sentenza della Sezione 16 aprile 2015, n. 1973, nella parte in cui non consente l’ingresso nelle GAE dei diplomati magistrali, sicché non è quindi possibile ravvisare una tardiva impugnazione di un atto già annullato, che non più esiste”.
Il Consiglio di Stato, peraltro, ha dimostrato di ben ricordare che la partita sul D.M. 325/15 si è già giocata innanzi all’Adunanza Plenaria in sede cautelare citando, espressamente, quella storica ordinanza.
Ma ripercorriamo le vicende di quel, sin’ora decisivo, 27 aprile 2016 quando l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato segnò un punto importante, forse decisivo, per i docenti in possesso del diploma magistrale.
I “maestri” di scuola elementare e dell’infanzia diplomati prima del 2001, secondo il massimo consesso amministrativo, hanno diritto di entrare nelle graduatorie ad esaurimento e, da qui, stipulare contratti a tempo indeterminato.
Quella del valore abilitante del titolo di diploma magistrale è una battaglia iniziata nel 2011 con un ricorso straordinario voluto dalle Associazioni Adida e La Voce dei Giusti e patrocinato dagli Avvocati Michele Bonetti e Santi Delia. Grazie a quel ricorso, due anni dopo, il Consiglio di Stato ha per la prima volta affermato il valore abilitante del titolo onerando il MIUR di ammettere nella seconda fascia delle graduatorie di istituto quei 220 insegnanti.
Il MIUR, in quel caso lungimirante, estese il beneficio a tutti i 55.000 docenti in possesso di quel titolo consentendogli l’ammissione in tale fascia nel successivo aggiornamento delle graduatorie. Li escluse, però, ancora una volta dall’ammissione nelle G.A.E. le uniche graduatorie dalle quale si attinge per ottenere il cosiddetto “ruolo”.
Si aprì, dunque, un nuovo contenzioso con il quale i diplomati magistrale chiesero al T.A.R. e poi al C.D.S. l’ammissione in tali graduatorie e, con essa, la stabilizzazione del loro lavoro speso a favore dei bambini della scuola materna ed elementare.
Il T.A.R. Lazio rigettò tutti i ricorsi dapprima affermando che la loro pretesa era infondata e poi negando che la competenza a decidere fosse del Giudice amministrativo rimandando a quello del lavoro. Il Consiglio di Stato sconfessò tali argomenti e in accoglimento dei primi 3.000 ricorrenti difesi dagli Avvocati Santi Delia e Michele Bonetti, li ha ammessi nelle G.A.E.: siamo a marzo del 2015.
Dopo l’ammissione di oltre 10.000 ricorrenti da parte del C.D.S., anche con sentenze definitive, giunse l’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria con la quale uno dei Collegi della Sesta Sezione dubitò dell’orientamento fin’ora assunto chiedendo a tale organo di pronunciarsi definitivamente sulla questione.
Il 27 aprile 2016i, all’esito dell’udienza e di una lunghissima ed articolata discussione, giungeva l’esito del provvedimento cautelare che, ancora una volta, conferma che il posto dei diplomati magistrale è in G.A.E. A questo punto si attende, tra qualche settimana, anche il deposito delle sentenze di merito definitive della stessa Adunanza Plenaria che, a meno di veri colpi di scena, dovrebbe confermare tale posizione in via, davvero, definitiva.
COSA SUCCEDERA’ E CHI PUO’ BENEFICIARE DEL PROVVEDIMENTO FAVOREVOLE
Oggi come ieri le sorti dei diplomati magistrale che hanno impugnato il D.M. 495/16 sono legati all’esito dell’Adunanza Plenaria. Tale organo oltre a decidere il caso specifico sottoposto al suo esame, ha il compito di stabilire dei principi cui dovrebbero uniformarsi tutti gli altri giudici amministrativi.
Nel caso concreto, quindi, grazie all’ordinanza pronunciata in data 27 aprile 2016 che oggi è richiamata dal Consiglio di Stato a fondare la decisione anche sul D.M. 495/16, l’Adunanza Plenaria ha confermato l’ammissione di quei ricorrenti che facevano parte di quel giudizio. Tale circostanza, evidentemente, è poco rilevante per tutti Voi che leggete in quanto, come detto, ben più importante è il valore che a tale pronuncia riconoscono altri Giudici.
Secondo il codice del processo amministrativo, in particolare, il T.A.R. non ha alcun obbligo di adeguarsi alle indicazioni della Plenaria anche se la prassi insegna come, davvero raramente, ciò accada. Nel breve tempo da quando tale decisione è stata emessa, per quanto ci risulta, non è mai accaduto. E’ possibile, in altre parole, che l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria venga disattesa dopo alcuni anni dalla pronuncia, magari, in ragione di contestuali mutamenti normativi o giurisprudenziali su questioni collegate ma, nell’immediato, è assai raro.
Ciò per una semplice ragione.
Se è pur vero, infatti, che il T.A.R., secondo il codice del processo, non ha obbligo di uniformarsi alle indicazioni della Plenaria, tale obbligo è invece presente per lo stesso Consiglio di Stato. Quest’ultimo, infatti, potrebbe rinnegare l’orientamento dell’Adunanza Plenaria solo rimettendo ad esso nuovamente la questione portando nuovi argomenti.
Anche in tal caso, ci riferiamo ad una nuova rimessione, ciò è accaduto solo dopo diversi anni dalla prima pronuncia e solo in ragione di mutate circostanza normative e giurisprudenziali.
Ad oggi, sino a quando non verrà adottato un nuovo D.M. di aggiornamento delle GAE, NESSUN ALTRO PUO’ AGIRE INNANZI AL GIUDICE AMMINISTRATIVO.