La nostra grande battaglia sul diritto allo studio: il Consiglio di Stato manda la Legge sul numero chiuso alla Corte Costituzionale.

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Identica questione è stata sollevata in tutti i nostri ricorsi di quest’anno (2011/2012)…IN PRIMA PAGINA SU REPUBBLICA, l’anteprima.

Dopo 14 anni di numero chiuso il Consiglio di Stato chiede nuovamente l’intervento della Corte Costituzionale sul sistema dell’accesso programmato.

La scelta degli ammessi risulta dominata in buona misura dal caso”, a dirlo è il Consiglio di Stato, sezione VI, con la sentenza depositata lo scorso 18 giugno mediante cui si è chiesto l’intervento della Corte Costituzionale sul sistema delle graduatorie pubblicate dai singoli Atenei e non dall’unica a livello nazionale.

Qualche tempo fa, evidenziando le novità delle norme volute dal Ministro Gelmini, scrivevamo sul Foro Amministrativo che “i numeri del corrente anno accademico (era il 2010/2011), dimostrano effettivamente come esistano casi di obiettiva e poco contestabile discriminazione tra i vari candidati a seconda della sede prescelta. A Milano Statale, senza scorrimenti applicati e, dunque, in sede di prima stesura della graduatoria, l’ultimo punteggio utile ai fini dell’ammissione era di 48,75. All’Università del Molise, al 75° e ultimo degli ammessi, bastarono 38,25, punti gli stessi del candidato collocato alla posizione 1050 del citato Ateneo di Milano Statale ove i posti a concorso erano 340”.

Se è pur vero, scrivevamo, che secondo parte della giurisprudenza vi possano essere degli ampi margini di discrezionalità (oggi superata dalla decisione del Consiglio di Stato in commento) nella scelta tra graduatoria unica o meno, seguendo i principi di cui alla L.n. 240/2010, tale discrezionalità è certamente da rivedere.

Se, come appare, il fulcro dell’intero progetto di revisione e della stessa delega contenuta nella Legge n. 240/2010 è la valorizzazione del merito, ben pochi margini di dubbio sembrano residuare per non preferire il modello della graduatoria unica nazionale con il quale, appunto, è il “valore assoluto del merito” ad essere premiato. Sembrano potersi superare, inoltre, i dubbi legati alla concreta applicabilità di tale modello con riguardo ai differenti livelli reddituali degli aspiranti che, almeno in astratto, dovrebbero trovare una qualche perequazione grazie al “fondo per il merito” . È proprio attraverso tale nuovo sistema di aiuti che si mira “a promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studenti dei corsi di laurea e laurea magistrale individuati, per gli iscritti al primo anno per la prima volta, mediante prove nazionali standard e, per gli iscritti agli anni successivi, mediante criteri nazionali standard di valutazione”.

La legge 30 dicembre 2010, n. 240, infatti, si propone, tra l’altro, di riformare anche la materia dell’accesso al sapere attraverso la delega conferita al Governo per “la realizzazione di opportunità uniformi, su tutto il territorio nazionale, di accesso e scelta dei percorsi formativi” sulla base dei principi cardine (art. 1, comma 3) della stessa Legge n. 240 del 2010 e, tra questi, sul “merito”, concetto ricorrente per ben dieci volte all’interno dei 29 articoli.

Sono passati 14 anni dal 1998, quando si chiese l’intervento della Consulta sul numero chiuso ed oggi il tema è ancora più scottante poiché la L. 264/1999 rischia di essere ritenuta incostituzionale.

Frattanto, per quanto interessa tutti i nostri ricorrenti dell’anno 2011/12, in ragione del fatto che questo motivo di ricorso era stato espressamente sollevato in tutte le cause di quest’anno anche con riferimento anche ai nuovi principi esposti con la c.d. Legge Gelmini, ove la Corte Costituzionale si pronunciasse positivamente, potrebbero ottenere l’ammissione tutti quei ricorrenti che, con il loro punteggio, avrebbero ottenuto, anche a seguito degli scorrimenti, l’ammissione presso altro Ateneo.

Il commento dell’UDU.

Non possiamo non esprimere la nostra soddisfazione per un ulteriore passo avanti nella battaglia contro il “numero chiuso”. Siamo certi che il sistema dell’accesso programmato è illegittimo in quanto tale e per la illecita compressione del diritto allo studio” – tuonano soddisfatti dall’UDU per il tramite del Coordinatore Nazionale Michele Orezzi – “Siamo d’accordo con il Consiglio di Stato, oggi in Italia il sistema è dominato dal caso, siamo di fronte ad una sorta di lotteria”.

Il rinvio alla Corte Costituzionale della questione rappresenta sicuramente un passo importante e decisivo per la lotta che l’UDU da molto tempo porta avanti al fianco dei numerosi studenti e delle loro famiglie che ogni anno devono fare i conti con l’ingiustizia di un sistema oramai obsoleto.

Oggi il Consiglio di Stato dice che le nostre censure sono fondate e che nella scelta del Legislatore si ravvisano vizi “di palese illogicità, irrazionalità, travisamento, disparità di trattamento, difetto di proporzionalità” lesivi in primis degli artt.li 3, 34, 97 e 117 della Costituzione oltre che delle norme Europee.

Ad essere contestato è anche il sistema delle graduatorie multiple che come ripetutamente denunciato dall’UDU non solo è contrario ai principi sottesi al diritto allo studio, ma soprattutto a quello della imparzialità e della meritevolezza in quanto, come riferisce il C.d.S., “ferma la unicità della prova, essa si svolge presso i singoli Atenei. E il collocamento in posizione utile avviene in singole graduatorie anziché in una graduatoria unica. Con la conseguenza che il collocamento in posizione utile dipende sia dal numero dei posti disponibili presso ciascun Ateneo, sia dal numero di concorrenti presso ciascun Ateneo, e dunque può accadere che, se presso un Ateneo è maggiore il numero dei posti, o minore il numero dei concorrenti, è sufficiente, per il collocamento in graduatoria, un punteggio inferiore rispetto a quello necessario in altro Ateneo”.

Certi e fiduciosi nella decisione della Consulta oggi possiamo dire di aver raggiunto un altro traguardo importante, che le doglianze degli studenti italiani hanno la possibilità di avere un concreto e decisivo riscontro e che questo potrebbe essere ancora un Paese ove i diritti come le persone vengano rispettati.

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