Roma, 8 ottobre 2025 – Con una decisione destinata a fare giurisprudenza nel campo del reclutamento scolastico, il Consiglio di Stato – Sezione Settima ha accolto il ricorso di un docente precario escluso dal concorso ordinario per la scuola secondaria di primo grado, annullando gli atti con cui il Ministero dell’Istruzione e del Merito aveva negato la sua ammissione per il mancato possesso di due specifici esami universitari per la classe di concorso A-01 (Arte e Immagine nella scuola secondaria di primo grado).
Il docente, in possesso di una laurea utile all’accesso al concorso ove integrato con altri insegnamenti, nonostante anni di precariato senza alcuna contestazione sul proprio titolo di studio, era stato escluso dal concorso bandito con D.D. n. 499/2020 per la mancanza di due insegnamenti specifici, richiesti dal D.M. 259/2017 per i laureati in Storia e Conservazione dei Beni Architettonici e Ambientali.
Il TAR Lazio aveva respinto il ricorso, ma il Consiglio di Stato ha ribaltato completamente la decisione, riconoscendo la piena idoneità del titolo di studio e l’illegittimità dell’esclusione.
La motivazione del Consiglio di Stato
Nella sentenza, i giudici amministrativi hanno sottolineato che: “Il corso di laurea in Storia e Conservazione dei Beni Architettonici e Ambientali presuppone un approccio grafico e visuale necessario alla conservazione, valutazione e fruizione dei beni artistici e culturali, assicurando competenze coerenti con l’insegnamento di arte e immagine”. Il Collegio ha inoltre richiamato i principi costituzionali di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), nonché i principi euro-unitari di tutela dei lavoratori precari, ribadendo che non può essere escluso chi per anni ha insegnato la stessa materia come supplente con il medesimo titolo.
Riformando la decisione di primo grado, il Consiglio di Stato ha censurato l’operato dell’Amministrazione, promuovendo un’interpretazione della *lex specialis* orientata alla sostanza più che alla forma. I giudici di Palazzo Spada hanno osservato che un bando di concorso che fa riferimento a “percorsi di studio diversi ma analoghi” e alla “coerenza” dei titoli impone all’Amministrazione una “necessaria ponderazione” circa le possibili equivalenze dei percorsi formativi, che non può esaurirsi in una mera verifica nominalistica degli esami sostenuti. Viene così affermato un principio di fondamentale importanza: l’Amministrazione, a fronte di titoli di studio affini a quelli espressamente previsti, ha l’onere di compiere un’istruttoria approfondita, valutando se le competenze richieste dal bando siano comunque assicurate dal percorso formativo del candidato nel suo complesso. La mancata effettuazione di tale valutazione comparativa integra un vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e irragionevolezza.
Una vittoria per la scuola e per i docenti precari
Gli avvocati Santi Delia e Michele Bonetti commentano come “questa decisione restituisce dignità ai tanti docenti precari che hanno insegnato per anni e che si sono visti escludere per meri formalismi. Il Consiglio di Stato ha riaffermato che la scuola deve riconoscere il valore sostanziale delle competenze, non la mera forma dei piani di studio”.
La sentenza ordina al Ministero dell’Istruzione e del Merito di riammettere il docente in graduatoria attribuendo la cattedra di ruolo, con ogni conseguente effetto sulla sua posizione lavorativa.
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