T.F.A.: IL TAR LAZIO DECRETA LA VALIDITA’ DEFINITIVA DELLE ABILITAZIONI CONSEGUITE DAI NOSTRI RICORRENTI

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Il T.A.R. Lazio ha accolto nella giornata odierna alcuni ricorsi proposti dagli Avvocati Santi Delia e Michele Bonetti che, al fianco dell’Associazione Adida, avevano censurato l’esclusione dal T.F.A.

I ricorrenti erano stati esclusi all’esito della prova preselettiva a quiz ed avevano ricorso innanzi al T.A.R. con i legali di Adida.

Il T.A.R. li aveva dapprima ammessi a sostenere la prova scritta dalla quale erano stati esclusi consentendogli così di sostenere anche l’esame orale.

Preso atto del superamento delle restanti prove i legali sostenevano la cessata materia del contendere giacchè il ricorrenti avevano dimostrato di possedere le capacità per l’ottenimento del titolo.

Il T.A.R. ha accolto proprio tale innovativa tesi.

“Ciò premesso in punto di fatto, come chiarito dalla sezione in altre analoghe occasioni “è immanente nell’ordinamento il principio generale, ispirato alla tutela dell’affidamento, della sanatoria legale dei casi di ammissione con riserva a procedure di tipo idoneativo, desumibile dall’art. 4, comma 2 bis del D.L. n. 115 del 2005, convertito alla legge n. 168/2005 (e da altre svariate leggi similari) secondo il quale ” Conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela” (cfr Tar Lazio Sezione III, 27 agosto 2013, n. 7963).

La sezione (con sentenza del 3 dicembre 2012, n. 10042) ha anche chiarito ulteriormente che: “la Corte Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto della questione di legittimità costituzionale proprio dell’art. 4, comma 2 bis del d.l. n. 115/2005 ha chiarito il principio del rapporto esistente tra l’accertamento amministrativo in esito al quale si consegue il titolo abilitativo e i provvedimenti giurisdizionali che abbiano consentito all’interessato di ottenerlo, rimuovendo l’ostacolo amministrativo frapposto seppure solo in sede cautelare, chiarendo che è il primo a produrre l’effetto del conseguimento del titolo e non il provvedimento del giudice (Corte Costituzionale, 1° aprile 2009, n. 108)”.

Nel caso in esame il titolo abilitativo conseguito dal ricorrente è il frutto sia del superamento delle prove scritte e orali per l’ammissione al corso di studi sia del superamento di quest’ultimo, con la conseguenza che esso è il frutto dell’accertamento in via amministrativa dell’idoneità dell’interessato, alla cui verifica il giudice ha contribuito esclusivamente a rimuoverne un ostacolo procedurale.

Né nella fattispecie in esame si verte in materia di pubblico concorso, nella cui ipotesi la giurisprudenza esclude che possa darsi luogo al cd. principio dell’assorbimento di cui la norma costituisce un’applicazione (cfr. di questa sezione la sentenza del 9 aprile 2013, n. 3561 e da ultimo anche della sezione III la sentenza n. 7963/2013 citata). Infatti si ritiene che “la possibilità di sanatoria introdotta dal precitato art. 4 comma 2 bis, della legge n. 168/2005 deve ritenersi ammessa soltanto per le varie ipotesi di procedimenti finalizzati alla verifica della idoneità dei partecipanti allo svolgimento di una professione il cui esercizio risulti regolamentato nell’ordinamento interno, ma non riservato ad un numero chiuso di professionisti, mentre va esclusa per le selezioni di stampo concorsuale per il conferimento di posti a numero limitato.”. (Tar Liguria, sezione II, 11 ottobre 2007, n. 1730).

Né, ancora, il ricorso tende a contestare un’esclusione dal concorso per mancanza dei requisiti, nel qual caso in base alla giurisprudenza formatasi sulla citata norma, non potrebbe darsi luogo alla applicazione della stessa (cfr. C. Stato, sezione VI, 15 febbraio 2012, n. 769; come ben ricostruito in TAR Campania Napoli, sezione VIII, 9 febbraio 2011, n. 755, laddove si rileva che il cd. Principio dell’assorbimento “non è però utilizzabile nei casi in cui l’accertamento di determinati requisiti non si sovrappone in relazione al medesimo aspetto (ad es., maturità del candidato), ma riguarda aspetti (possesso dei titoli partecipativi e preparazione, in prove scritte e orali, sufficiente e idonea) diversi, che, tutti, devono ottenere un riscontro positivo (Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2005, n. 438)”. Concorda infine la giurisprudenza pure sul tipo di pronuncia di merito da adottare nel caso specifico, rappresentando che “Dal punto di vista processuale – la norma – fa venire meno la materia del contendere a causa di un “factum principis”, essendo la legge medesima a prevedere, per coloro che abbiano superato le prove scritte e orali anche a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela, il conseguimento della abilitazione professionale o del titolo, per il quale concorrono.” (TAR Emilia Romagna, sez. I, 19 aprile 2011, n. 371, TAR Lazio, sezione III bis, 24 giugno 2009, n. 6113, Consiglio di Stato, sezione IV, 16 settembre 2008, n. 4358).

E’ bene chiarire che tale tipo di pronuncia, che costituisce una pronuncia di merito, al contrario della improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse, non può che produrre i suoi rivenienti effetti sostanziali sulla riserva apposta dall’Amministrazione universitaria alla abilitazione conseguita dal ricorrente, consentendo quindi che lo stesso sia considerato abilitato a pieno titolo“.

T.A.R. Lazio, Sez. III bis, 3 gennaio 2014, n. 50