CONCORSO ENAC PER 37 ISPETTORI AEROPORTUALI: ILLEGITTIMA LA CLAUSOLA CHE IMPONE IL VOTO MINIMO DI LAUREA PER LA PARTECIPAZIONE.

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Il Consiglio di Stato, accogliendo le tesi di Santi Delia (in foto) founder di Bonetti & Delia Studio legale, ha rigettato l’appello dell’ENAC avverso la sentenza del T.A.R. Lazio riguardante i requisiti d’accesso al concorso a 37 posti di Ispettore aeroportuale.

In particolare, tra i requisiti di accesso a tale procedura, l’ENAC aveva imposto che fosse necessario “essere in possesso di un Diploma di Laurea in Giurisprudenza, Economia, Scienze Politiche o lauree equipollenti, conseguito con votazione non inferiore a 105/110”.

Secondo l’ENAC tale requisito così stringente era necessario “alla luce delle peculiari funzioni svolte dagli ispettori aeroportuali, sia perché manca nel bando impugnato e negli atti presupposti riferimento puntuale alla specificità delle funzioni, sia perché il solo fatto che le attività di competenza si svolgano “nell’ambito della legislazione e delle norme – nazionali ed internazionali – che regolano le operazioni direttamente o indirettamente connesse all’attività della navigazione aerea”

La quinta Sezione del Consiglio di Stato ha chiarito che tale elemento “non può di per sé giustificare la previsione di un ulteriore requisito di accesso alla relativa procedura selettiva, integrando una deroga ad un opposto principio generale vigente in materia” e che “il dato
normativo impone di escludere che requisiti ulteriori per un determinato profilo professionale di una data amministrazione possano essere prescritti, volta a volta, nel singolo bando di concorso; piuttosto la legge richiede, per l’operatività della deroga, che essa sia contemplata o desumibile da disposizioni ordinamentali, che, regolando l’accesso ai diversi profili professionali di qualifica o categoria di una determinata amministrazione, prevedano per ciascuno ulteriori, specifici requisiti di ammissione (o la possibilità di prescriverli nei bandi di concorso) in via generale ed astratta, salva l’applicazione concreta rimessa ai bandi di concorso”.

Nel caso di specie, quindi, il Supremo Organo di Giustizia Amministrativa ha evidenziato che si è “verificata proprio l’evenienza non consentita dal più volte citato art. 2, comma 2, d.P.R. n. 487 del 1994: il voto minimo di laurea è stato infatti configurato nel bando di concorso impugnato come vero e proprio requisito di ammissione, essendo altra la prova preselettiva”.

Il Consiglio di Stato, richiamando importanti e autorevoli precedenti giurisprudenziali, allineandosi altresì a quanto rappresentato da questa difesa, ha ritenuto che “sussiste un interesse pubblico alla più ampia partecipazione alla procedura selettiva in vista della più efficace selezione dei migliori concorrenti che, ove il provvedimento di esclusione sia illegittimo, è consentaneamente sacrificato assieme a quello del candidato escluso” – ragion per cui, come accaduto nel caso di specie, aver inserito voto di laurea minimo per poter accedere alla semplice preselezione è ingiusto oltre che fuor da ogni logica.

Pertanto, il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello dell’ENAC, confermando ogni doglianza e ogni irregolarità rappresentate dal nostro studio legale che, da sempre, ritiene che sbarrare l’accesso a un concorso pubblico, richiedendo impropriamente un determinato voto di laurea, non garantisce la meritocrazia ma rappresenta solo ed esclusivamente un modo illogico e irrazionale per effettuare una prima scrematura dei candidati.