Può una Pubblica Amministrazione, a seguito dell’indizione di un bando di gara di concessione per l’affidamento di un proprio bene immobile da adibire per l’organizzazione di eventi, resasi conto di avere sottostimato le potenzialità del bene stesso, annullare in autotutela la predetta concessione?
Può ai fini di tutela del pubblico interesse, rivalutare che così facendo, otterrebbe un pagamento in misura notevolmente inferiore a quanto dovuto facendo beneficiare il concessionario in misura eccessivamente importante a danno della collettività?
È un tema come in questi giorni si fa un gran parlare, assai attuale anche con riguardo alle note concessioni dei lidi balneari. In quei casi piccoli o grandi lotti di arenili vengono concessi a poche migliaia, al massimo decine di migliaia, euro l’anno a fronte, come a tutti noto, di incassi agostani decine di volte superiori al canone stesso.
Il Tribunale Amministrativo di Catania, ha accolto le tesi difensive dell’Avvocato Santi Delia e del Collega Callipo, confermando la legittimità del provvedimento dal Comune di Taormina relativo alla concessione della gestione del Palacongressi del Comune stesso.
Nel caso di specie la Società affidataria della concessione aveva proposto ricorso avverso il summenzionato provvedimento emanato, a seguito dell’analisi da parte del Comune dei reali guadagni derivanti dalla gestione del bene comunale. Difatti i reali introiti della Società superavano di gran lunga il canone di concessione, comportando una importante sottostima di uno dei beni più rappresentativi e storici del Comune di Taormina.
Secondo il TAR Catania è legittimo per il Comune “ripensarci” dopo aver “rivalutato” tali stime anche in quanto, in precedenza, in fase di preparazione alla gara “il valore stimato della concessione non [era stato] stato calcolato “secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione”.
“E’ mancata nella determinazione del valore concessorio iniziale”, secondo il T.A.R., “la stima prospettica del fatturato conseguibile dal concessionario ossia la determinazione della remunerazione reale dell’investimento, nei termini intesi dalla giurisprudenza”. In adesione alla nostra tesi il T.A.R. ha confermato che “tale carenza emerge nella stessa offerta in cui i ricavi di gestione indicati assommano per i nove anni a [quasi 20] milioni”, a fronte di un canone pari ad appena 450 mila euro.
Il TAR, con interessanti spunti utili sul valore sinallagmatico delle concessioni, ripercorrendo le nostre tesi difensive ha chiarito che se “è vero che non vi è coincidenza tra valore concessorio e canone locativo/concessorio, ma è altrettanto vero che “ai fini della determinazione del primo, in termini prospettici, occorre tenere conto anche del secondo allorquando, come nel caso in questione, tra le altre attività possibili per il concessionario vi è anche quella della cessione dell’immobile, a fini congressuali, a terzi verso remunerazione in suo favore”.
Con la sentenza in commento, dunque, il TAR ha affermato che il ripensamento e il conseguente atto in autotutela adottato dall’Amministrazione è pienamente legittimo, rigettando i motivi di ricorso proposti ed evitando la sottostima del Palazzo dei Congressi del Comune di Taormina.
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