Il numero chiuso si sgretola. La svolta della carriera pregressa per saltare il test

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La decisione: il test non vale più del percorso di studi in materie affini. I giudici amministrativi del Lazio, de L’Aquila e del Molise richiamando la decisione in tema di trasferimenti dall’estero della Plenaria, con argomenti assai innovativi e di grande spessore, ha apertamente sfatato il dogma del test di ammissione ritenendolo di minor valore rispetto ai risultati ottenuti dagli studenti nel loro percorso di studi affini rispetto a Medicina ed alle materie ivi superate.

Secondo “la più recente giurisprudenza formatasi a partire da Cons. Stato, Ad. Plen., n. 1 del 2015, la limitazione al previo superamento dei test preselettivi per i corsi di laurea a numero chiuso è legittima solo con riferimento all’accesso al primo anno del corso di studi e non invece per quanto riguarda le richieste di trasferimento ad anni successivi al primo. In tali casi, infatti, il principio regolante l’iscrizione è unicamente quello del riconoscimento dei crediti formativi ed è sottoposto all’indefettibile limite di posti disponibili per il trasferimento, da stabilirsi in via preventiva per ogni anno accademico e per ciascun anno di corso dalle singole Università sulla base del dato concernente la concreta potenzialità formativa di ciascuna, alla stregua del numero dei posti rimasti per ciascun anno scoperti rispetto al numero massimo di strumenti immatricolabili per ciascuno di quegli anni ad esse assegnato (così T.A.R. Roma, (Lazio), sez. III, 23/02/2016, n. 2468; nello stesso senso TAR Milano, III, 25 maggio 2016, n. 1441; idem 18 settembre 2017, n. 1823; Cons. Stato, VI, 4 giugno 2015 n. 2746)”.

La teoria, assolutamente innovativa, prende le mosse da alcune decisioni del T.A.R. Lazio (del 2012 e 2013), sempre su ricorsi patrocinati dall’Avvocato Santi Delia e Michele Bonetti, che avevano consentito l’ammissione a Medicina senza la necessità di sottoporsi al test per chi aveva già una laurea in Odontoiatria o viceversa.

Il giudice amministrativo, tuttavia, non era mai giunto ad elaborare ed affinare la teoria della Plenaria anche per laureati o soggetti frequentati corsi di laurea affini (farmacia, biologia, biotecnologie)

Decisivi, evidentemente, i principi che dapprima il C.G.A. e poi la Plenaria avevano consacrato nell’ambito dei trasferimenti dall’estero. Non si vede, infatti, perchè negare la bontà di un percorso nazionale in materie affini che l’Ateneo valuterà se riconoscere come utili a frequentare anni successive al primo ritenedolo possibile solo se si proviene dall’estero.

Secondo il C.G.A. non essendo in gioco il “primo accoglimento” nel sistema universitario (cioè l’immatricolazione per la prima volta, con conseguente riferimento ai requisiti di cultura pre-universitaria), bensì l’<iscrizione> ad anni successivi al primo (con la ragionevole valutazione non più della loro cultura generale o della loro specifica predisposizione agli studi in medicina, ma della loro attività formative pregressa presso l’ateneo a quo e della qualità e quantità del loro numero di crediti riconoscibili), “è priva di ragionevole giustificazione la pretesa dell’amministrazione di sottoporre alla prova di ingresso anche studenti che chiedano l’iscrizione ad anni successivi al primo, in quanto conoscenze ed attitudini, al cui accertamento le prove di ingresso sono preordinate, possono essere ben più concretamente verificate con l’analisi del curriculum al fine di valutare ed eventualmente convalidare gli esami già sostenuti presso l’altro Ateneo, individuando in tal caso l’anno al quale l’interessato può essere iscritto. Il controllo sul percorso formativo consente infatti un accertamento ben più significativo di cultura e “predisposizione” rispetto a quello che può scaturire dall’esito di prove attitudinali e di cultura generale: se all’esito di tale processo di convalida si determina l’iscrizione ad anno successive al primo deve ritenersi dimostrato un pregresso percorso formativo implicante il possesso di quelle conoscenze ed attitudini che la prova di ammissione, decisamente in minor grado, è preordinata ad accertare”.

Ciò che viene in considerazione non è più dunque la loro “predisposizione” in astratto agli studi (quale accertata dal test d’ingresso), ma la “qualità” in concreto degli studi seguiti.

Nessuna elusione del sistema da parte dei nostri studenti.

Mutuando le parole del C.G.A. circa gli studi all’estero anche qui possiamo affermare che “l’iscrizione (in tesi più “facile”) ad una corso di [laurea affine] non assicura in alcuna misura il conseguimento di un risultato “elusivo”. Lo studente potrà conseguire infatti la sua aspirazione unicamente attraverso una valutazione in concreto e di merito (non diversa da quelle cui sono esposti gli studenti italiani che manifestino identica aspirazione al trasferimento). Di essa competenza (e responsabilità) sono interamente a carico dell’università di accoglienza (che deve esprimersi liberamente, ancorché motivatamente, sulla base di una considerazione in concreto della quantità e qualità degli studi pregressi).

Nonostante sin dal mese di gennaio 2018 siano arrivate queste importanti affermazioni è bene restare cauti stante la delicatezza degli interessi coinvolti e la necessità che l’Atneeo provveda, comunque, ad una verifica della carriera.

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