DIRITTO D’ACCESSO E APPALTI PUBBLICI: TAR LAZIO, NO ALL’OSTENSIONE DEI DOCUMENTI DA CUI EMERGONO DATI CHE POSSONO OSTACOLARE IL “LIBERO GIOCO DELLA CONCORRENZA”.

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Si tratta di un tema, questo del diritto d’accesso nell’ambito dei pubblici appalti, che da tempo impegna dottrina e giurisprudenza nella ricerca di un corretto equilibrio tra diritto alla riservatezza dei propri know how industriali ed organizzativi e possibilità di difesa giudiziale.

Da un lato il “diritto d’accesso agli atti” a sua volta legato a doppio giro al “diritto di difesa”, peraltro valore costituzionalmente garantito, che saremmo portati dunque a considerare preminente – rispetto alla “tutela dei segreti tecnici e commerciali nell’ambito dei pubblici appalti”, che fungono da contrappeso in questo immaginario braccio di ferro.

Fatta questa premessa, rispetto alla pronuncia oggi in commento, viene in rilievo in modo particolare il tema spinoso dei limiti all’esercizio del diritto d’accesso, che il legislatore ha affrontato, quanto alla specifica materia degli appalti pubblici”, all’interno dell’art.53 comma 5. Letta a) del D. Lgs. n. 50/2016. “Fatta salva”, dice la norma “la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.

Siffatta previsione costituisce l’esatto equivalente, in via speculare, dell’art. 24 della Legge 241/90 che al comma 6, lett. d), individua tra le ipotesi in cui è possibile escludere l’accesso ai documenti, quella in cui: “….i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono”.

Tornando al codice degli appalti pubblici, il succitato art. 53, comma 6, a chiusura, posto peraltro (se vogliamo) a presidio dell’inviolabilità del diritto di difesa, prescrive che: “In relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”.

Il TAR LAZIO, aderendo alla tesi di Santi Delia – name founder di Michele Bonetti & Delia – ha respinto la richiesta d’accesso presentata da una Società partecipante all’appalto, ad ottenere la documentazione “riservata” dell’aggiudicataria.

Trattandosi proprio di un’ipotesi in cui, l’accesso avrebbe determinato la trasmissione di dati da cui potevano facilmente emergere, “segreti tecnici e commerciali” afferenti al cd. know how aziendale, a tutto discapito del libero gioco della concorrenza.  Si trattava, di fatto, nel caso di specie, come sottolineato dalla stessa pronuncia, di “dati sensibili e riservati oltre a segreti commerciali quali ad esempio i costi sostenuti per le prestazioni dei servizi richiesti nel bando ed i prezzi praticati ai liberi professionisti [individuati dall’aggiudicataria], che possono essere impegnati in attività anche con la ricorrente”.