STABILIZZAZIONI: L’ART. 20 DEL D. LGS. N. 75/2017 SI APPLICA ANCHE AI DIRIGENTI.

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Secondo il Tribunale di Catania la legge per la quale l’anzianità di servizio può essere maturata presso diverse amministrazioni del comparto trova applicazione anche ai dirigenti amministrativi.

Il Tribunale di Catania, accogliendo l’istanza di un dirigente amministrativo, rappresentato dall’Avvocato Santi Delia name founder di Bonetti & Delia Studio Legale, cui era stato impedito di poter accedere ad una procedura di stabilizzazione presso un’Azienda sanitaria, ha dichiarato il diritto della stessa ad essere stabilizzata ex art. 20 d. lgs. 75/2017 ed ordinato alla stessa Azienda di adottare ogni atto conseguente e necessario.

A detta di quest’ultima la norma citata non avrebbe dovuto trovare applicazione anche ai dirigenti amministrativi, non menzionati nel comma 543 dell’art. 1 legge 208/2015, richiamato dal comma 10, cui rinvia il comma 11 dell’art. 20 del d.lgs. n. 75/2017 sicché la regola secondo la quale l’anzianità triennale può essere maturata presso diverse amministrazioni del comparto non poteva trovare applicazione nei confronti di tale categoria di personale del comparto Sanità.

Il Tribunale ha affermato, invece, come, in riferimento al comma 10, novellato dall’art. 1, comma 468, legge 160/2019  “non vi sono ragioni per escludere dalle stabilizzazioni il personale dirigenziale amministrativo del servizio sanitario nazionale, valorizzando il riferimento ivi contenuto all’art. 1, comma 543, legge 208/2015, come suggerito dall’amministrazione resistente”, poiché, prosegue “la novella della legge 160/2019 ha sostituito le parole “personale medico, tecnico-professionale ed infermieristico” con le parole personale dirigenziale e non dirigenziale”.

Altro aspetto dell’interessante decisione di merito del Tribunale di Catania, riguarda la valutazione dell’operato dell’Azienda che non aveva proceduto ad alcuna pubblicità dell’avviso di ricognizione.

L’Azienda aveva giustificato la propria scelta facendo riferimento alla volontà di “poter disporre di professionalità già formate e con esperienza maturata nel settore di competenza”.

Secondo il Tribunale, tuttavia, tale scelta è illegittima giacchè non può comunque omettersi  la pubblicazione dei relativi avvisi procedendo a stabilizzare solo i dipendenti ancora presenti in servizio. “Appare chiaro che la scelta di avviare le procedure di stabilizzazione è discrezionale ma una volta che l’amministrazione abbia scelto di avviare una tale procedura, individuando i fabbisogni di personale e le relative coperture finanziarie, è tenuta ad adottare e pubblicizzare l’atto ricognitivo del personale interessato, rendendo preventivamente conoscibili i criteri adottati nella scelta del personale da stabilizzare che in maniera esemplificativa potrebbero essere”.

Si tratta, pertanto, di una questiona sin’ora poco esplorata in giurisprudenza che conferma, tra l’altro, che l’unico criterio di priorità nella scelta del personale, è stabilito dal Legislatore con il comma 12 dell’art. 20 d. lgs. 75/2017 e non sembrano potersi introdurre diversi criteri che andrebbero a contrastare con quelli legislativamente previsti.

D’altra parte, la giustificazione di coinvolgere i soli soggetti in servizio al momento della delibera con cui era avvenuta la stabilizzazione, continua il Tribunale, non trovava alcuna corrispondenza nel provvedimento stesso ove non veniva introdotto alcun “criterio selettivo preventivo volto a valorizzare il criterio dell’anzianità specifica nel posto da ricoprire presso la medesima azienda”, anche in quanto nella delibera non si è dato atto “dell’esistenza di altri aspiranti in possesso dei requisiti di legge sì da richiedere l’indicazione di un qualunque criterio selettivo, oltre quelli legali”.

Nè, ed è un altro principio assai importante che segue le vittorie del nostro studio sul tema, è possibile escludere i soggetti che, frattanto, hanno sottoscritto un contratto a tempo indeterminato.

“Nel restringere la platea dei partecipanti al pubblico concorso, escludendo i dipendenti pubblici a tempo indeterminato, l’amministrazione ha, infatti, non solo irragionevolmente discriminato quest’ultima categoria di dipendenti rispetto a quelli privati, ma ha contraddetto la natura meritocratica dell’istituto del concorso per l’accesso agli impieghi pubblici, condizionando la partecipazione alla circostanza – ininfluente rispetto all’obiettivo della procedura concorsuale di selezione delle migliori professionalità – che non fosse in corso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze della pubblica amministrazione. Tale requisito deve ritenersi illegittimo: l’individuazione dei requisiti di partecipazione deve essere infatti adeguatamente e prioritariamente motivata in ragione dell’interesse dell’amministrazione all’assunzione delle migliori professionalità, interesse sovraordinato rispetto ad altre finalità pure meritevoli di perseguimento, come, nel caso odierno, il superamento del precariato nel settore pubblico”.