In Lombardia, Friuli ed in Emilia si torna in classe: TAR Milano, Trieste e Bologna sospendono ordinanze regionali.

Dopo la Calabria anche Lombardia, Friuli ed Emilia tornano in Italia. Per la Sicilia c’è ancora tempo. Sarà bellissima ma non ancora pronta a far tornare i propri bambini, ragazzi ed adolecenti a scuola.
Ecco una breve cronostoria del rientro dalle vacanze di Natale.
L’8 gennaio il  TAR Calabria ha sospeso l’ennesima ordinanza regionale di chiusura dei plessi scolastici limitando il proprio intervento, questa volta, a tutela dei discenti più piccoli: elementari e medie devono poter tornare in classe in presenza.
Invero, in Italia, i bimbi così piccoli sono sempre stati in classe pressocchè ovunque. Tranne, naturalmente, in Campania, per un mese abbondante nella contea di Messina (Sicilia, Italia) e, da ultimo, pare per una settimana in Sicilia.
Secondo il T.A.R. “la derogabilità in senso più restrittivo delle disposizioni statali richiamata nell’atto impugnato -in disparte la circostanza che, ove anche la Calabria rientrasse nella cd. zona rossa, proprio in virtù di dette disposizioni, opererebbe il ripristino della D.A.D. per le classi seconde e terze delle scuole medie inferiori- deve comunque basarsi sui principi già enunciati nella citata giurisprudenza di questa sezione inerenti l’istruttoria procedimentale posta a base di essi e, sotto questo profilo, nell’ordinanza sembra mancare non solo una valutazione orientata ad una selezione di porzioni di territorio regionale più interessate dall’incremento dei contagi anziché ad una chiusura uniforme della didattica in presenza, ma neppure sembra tenersi conto del fatto che le problematiche legate al trasporto scolastico, per le fasce di età riferite alle istituzioni scolastiche diverse dalle superiori, appaiono di minore entità e maggiormente gestibili rispetto a quelle della popolazione studentesca di età compresa fra i 14 e i 18 anni di età”.
Il Consiglio di Stato, chiamato in causa dalla Regione, l’11 gennaio ha confermato tale scelta del T.A.R. “La eventuale misura regionale più restrittiva, tenuto conto della rilevanza del diritto alla istruzione e del contesto di socialità specialmente per gli alunni più giovani, avrebbe dovuto essere motivata con dati scientifici evidenzianti il collegamento tra focolai attivi sul territorio e impatto della attività scolastica in presenza“. Dati che non ci sono affatto….conferma il Consiglio di Stato. “Né, peraltro, le problematiche relative al trasporto (movimentazione di persone) – risolvibili con diligente ed efficace impegno amministrativo nei servizi interessati – possono giustificare la comressione grave di diritti costituzionalmente tutelati dagli studenti interessati“.
Anche in Lombardia, il 14 gennaio, grazie al T.A.R., la scuola torna, tutta, in presenza.

In sostanza“, scrive il TAR, “il pericolo che l’ordinanza vuole fronteggiare non è legato alla didattica in presenza in sé e per sé considerata, ma al rischio di assembramenti correlati agli spostamenti degli studenti; – emerge così l’irragionevolezza della misura disposta, che, a fronte di un rischio solo ipotetico di formazione di assembramenti, anziché intervenire su siffatto ipotizzato fenomeno, vieta radicalmente la didattica in presenza per le scuole di secondo grado, didattica che l’ordinanza neppure indica come causa in sé di un possibile contagio”.
“Ritenuta, altresì, la sussistenza del pregiudizio grave e irreparabile, tenuto conto della compressione del diritto fondamentale all’istruzione e della oggettiva ricaduta delle misure adottate sulla crescita, maturazione e socializzazione degli studenti, obiettivi propri dell’attività scolastica, che risultano vanificati senza alcuna possibilità di effettivo “ristoro”.
Ed infine, il 15 gennaio, in Emilia Romagna e Friuli.
Secondo il T.A.R. Bologna “’l’ordinanza regionale va immotivatamente (e in definitiva ingiustificatamente) a comprimere in maniera eccessiva (se non a conculcare integralmente) il diritto degli adolescenti a frequentare di persona la scuola quale luogo di istruzione e apprendimento culturale nonchè di socializzazione, formazione e sviluppo della personalità dei discenti, condizioni di benessere che non appaiono adeguatamente (se non sufficientemente) assicurate con la modalità in DAD a mezzo dell’utilizzo di strumenti tecnici costituiti da videoterminali (di cui peraltro verosimilmente non tutta la popolazione scolastica interessata è dotata); l’attività amministrativa di adozione di misure fronteggianti situazioni di pur così notevole gravità non può spingersi al punto tale da sacrificare in toto altri interessi costituzionalmente protetti, dovendo l’agire della P.A. svolgersi in un quadro di bilanciamento delle tutele di entrambe le esigenze pubbliche in rilievo, quella sanitaria e quella del diritto all’istruzione; d’altra parte, avuto riguardo al perseguimento delle finalità sottese all’adottate misure di divieto di didattica in presenza nelle scuole superiori di secondo grado rappresentate in particolare dalla necessità di evitare assembramenti e sovraffollamenti , l’Amministrazione procedente può agire con misure che incidono , “ a monte” sul problema del trasporto pubblico di cui si avvale l’utenza scolastica e “a valle” con misure organizzative quali la turnazione degli alunni e la diversificazione degli orari di ingresso a scuola (ove, quest’ultime, s’intende, logisticamente possibili) e ferma restando una più stringente attività di controllo sugli adempimenti costituiti dall’uso dei dispositivi di protezione personale, quali l’utilizzo della mascherina, il distanziamento e l’uso di gel igienizzanti e sanificanti”.
Il T.A.R. Friuli, in particolare, ha evidenziato che “a prescindere dai dati statistici rilevati, la scelta di non permettere l’apertura delle scuole secondarie dovrebbe ritenersi irrilevante rispetto ad essi perché, essendo le stesse chiuse già dal 16.11.2020, sarebbe evidente che la frequenza scolastica non avrebbe avuto alcuna incidenza al riguardo“. In maniera tanto coraggiosa quanto evidente il Presidente del T.A.R. evidenzia “che sarebbe una scelta illogica ed evidenza di una disparità di trattamento rispetto alle aperture di altre attività che, pur avendo contribuito a tale dato statistico, purtuttavia continuano ad essere permesse” e “sarebbe stata inoltre del tutto pretermessa ogni valutazione del diritto dell’alunno di veder garantita un’adeguata attività didattica (art. 26 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e artt. 33 e 34 della Cost.) ma, soprattutto, la complessiva tutela al proprio diritto alla salute (art. 32 della Cost.), che sarebbe fortemente compromesso dalla DAD“.
Nonostante la limitata durata temporale dell’ordinanza, destinata a valere dal 7 al 31 gennaio 2021, il T.A.R., correttamente, evidenzia come “non se ne può tuttavia escludere la portata gravemente dannosa, anche per la salute psico-fisica dei giovani allievi interessati, sicuramente compromessa dall’impossibilità di intrattenere le normali relazioni sociali tipiche di quell’età e connesse alla frequentazione scolastica e che quindi, a tale riguardo, vengono a subire un trattamento diverso e più dannoso rispetto ai giovani di pari età residenti in altre regioni, contraddistinte da dati statistici che non risultano significativamente diversi e peggiori e che sono collocate in analoga fascia di rischio“.