Mansioni superiori nel pubblico impiego: si della Corte alla rivalutazione delle prove testimoniali in appello.

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La Corte d’Appello di Messina ha accolto il gravame proposto dall’Avvocato Santi Delia, al fianco di una Società pubblica, condannata in primo grado al pagamento nei confronti di un proprio lavoratore per lo svolgimento di mansioni superiori.

La sentenza di primo grado, basata sulle prove testimoniali che, secondo il primo Giudice, avevano confermato lo svolgimento di mansioni corrispondenti al livello successivo, è stata ribaltata dal Giudice d’appello in ragione di una diversa letture delle medesime testimonianze.

Consapevoli, difatti, che non sarebbe stato possibile proporre nuove prove in grado di appello, la nuova difesa dell’Azienda, diversa da quella di primo grado, proponeva una diversa lettura delle medesime testimonianze alla luce di una più approfondita indagine delle norme della contrattazione collettiva.

Il tema, in particolare, era legato alla diversa autonomia nello svolgimento delle mansioni da parte del dipendente. La Corte, in tal senso, in aderenza alla tesi proposta, ha chiarito che seppur i testi avessero sostenuto che il lavoro fosse svolto “in piena autonomia”, “detta affermazione, risultando carente di qualunque specificazione ulteriore, rimane un elemento che, lungi dall’essere decisivo, come di contro ritenuto dal giudice di prime cure, appare del tutto insufficiente per potere ravvisare quella autonomia operativa connotata da maggiori margini di discrezionalità propria del livello V rispetto a quella caratterizzante il IV livello”.