Concorso magistratura: Consiglio di Stato impone ricorrezione compito candidato escluso

Il Consiglio di Stato, con una sentenza storica, accogliendo il ricorso degli Avvocati Santi Delia e Michele Bonetti di Bonetti & Delia studio legale, ha superato il proprio granitico orientamento secondo cui la Commissione del concorso in magistratura godrebbe di discrezionalità assoluta nella valutazione dei compiti dei candidati, ritenendo illogica la bocciatura comminata a un candidato e imponendone la ricorrezione.

La storia. Il giovane candidato siciliano aveva ottenuto due votazioni ampiamenti sufficienti nelle prime due prove (di Diritto penale e Amministrativo) ed era stato ritenuto non idoneo all’esito della terza. In particolare in quest’ultima prova la Commissione, in ragione dell’esistenza di un opinione di dissenso tra i Commissari all’attribuzione della il  non idoneità, aveva investito la Commissione in composizione Plenaria. In tale ambito la bocciatura venne confermata.
Il T.A.R. Lazio, a cui il candidato si era rivolto, ha fatto proprio un risalente e consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudizio della Commissione sarebbe insindacabile in sede di legittimità a meno di elementi di irragionevolezza manifesti che, “contrariamente a quanto dedotto dal medesimo ricorrente” nella specie non vi erano anche in quanto “il giudizio espresso dalla commissione è esaustivo e legittimo”.
La decisione. Il Consiglio di Stato, però, ha ribaltato questa decisione, ritenendo attendibile la tesi difensiva. Dopo una valutazione fortemente tecnica, infatti, i giudici hanno ritenuto che il giudizio di non idoneità riservato alla candidata esclusa, “si rivela, ad una rilevazione oggettiva ed estrinseca, non solo troppo severo, ma soprattutto ingiustificato”. Considerazione, questa, che “non dequota il potere valutativo della commissione, né pretende di sostituirsi a quest’ultima”; ma “l’incongruenza fra la prova proposta, il metodo di correzione degli elaborati (rectius: dell’elaborato in questione), e le conclusioni raggiunte, sulla base di un parametro non previsto né prevedibile dal candidato, si sostanzia in un elemento indicativo sul piano sintomatico di un potere di valutazione (…) non conforme ai canoni generali dell’azione amministrativa, pur connotati da discrezionalità di carattere tecnico, e dunque sindacabile nella presente sede giurisdizionale”.
Cosa succederà?  Il Consiglio di Stato ha così ordinato di procedere a riconvocare la Commissione del concorso, rivalutando e correggendo venti temi anonimi – compresso quello del concorrente ricorrente – e sciogliendo l’anonimato solo all’esito della procedura.

I commenti.   “Si tratta di una sentenza che potremmo definire storica – commenta l’avvocato Santi Delia – Il Consiglio di Stato, infatti, ha superato il proprio granitico orientamento secondo cui la Commissione del concorso in magistratura godrebbe di discrezionalità assoluta nella valutazione dei compiti dei candidati, aprendo una nuova traccia da seguire nella valutazione degli elaborati. Pur a fronte della mancanza di motivazione, difatti, siamo riusciti con l’ausilio di una perizia di parte (che il Consiglio di Stato ha valorizzato per comprendere l’iter logico seguito dalla Commissione) e del confronto con gli altri compiti degli ammessi, a coniare un metodo di analisi che, per usare le parole di Palazzo Spada, “si palesa attendibile”. È forse giunto il momento, a quasi 100 anni dalle norme del 1924, di una riforma?”, conclude Santi Delia.

Vai alla rassegna stampa

Gazzetta del Sud

Ansa