Tribunale: Società pubblica non adotta comportamento antisindacale se non si confronta con la sigla prima di esercitare ius variandi.

La Società partecipata dall’Ente pubblico non si è resa responsabile di alcun comportamento antisindacale come accusata da una sigla sindacale che l’ha “citata” innanzi al Tribunale di Messina.

Secondo la sigla sindacale “da ultimo, si [sarebbe concretizzata, e continua a farlo per i suoi effetti perduranti, una condotta antisindacale tenuta dall’ente resistente, incidente, in modo diretto, su diritti sindacali espressamente riconosciuti dai contratti collettivi di lavoro, dalla Legge e dalla Costituzione”. In particolare, il comportamento stigmatizzato sarebbe da rintracciare nell’aver “informato le OO.SS. dell’intenzione di avviare un processo di riorganizzazione e di redistribuzione di tutto il personale a tempo indeterminato nei servizi aziendali”.

L’Azienda, assistita in giudizio dall’Avvocato Santi Delia, rilevava l’inesistenza di qualsiasi condotta antisindacale, evidenziando come la diramazione di ordini di servizio non necessita affatto di una previa (persino condivisa?) concertazione sindacale e la partecipazione al “processo decisionale”. I sindacati, come avvenuto, sono stati informati di tali processi, in sede appunto di informativa, ma “l’ordinamento”, si legge nelle difese della partecipata dell’Ente locale, “non prevede affatto tale imposizione neanche ove tale ius variandi sia esercitato nei confronti dei rappresentanti sindacali stessi nell’ambito delle proprie attività lavorative”.

Il Tribunale ha accolto in toto tale tesi condannando anche alle spese legali il Sindacato.

Secondo il Tribunale, difatti, la contrattazione collettiva “non prevede un confronto a richiesta delle associazioni sindacali su specifici argomenti e ogni volta emerga una problematica relativa nelle materie citate, ma prevede genericamente un confronto annuale su tali materie”. Nel caso specifico, come sostenuto dal legale dell’Azienda, “non può ritersi sussistente un obbligo di confronto nel caso di specie, né possono ritenersi illegittimi gli ordini di servizi in atti atteso che dall’esame degli stessi risulta che costituiscono mero esercizio dello jus variandi, potere privatistico che non richiede un previo confronto sindacale, rientrando nelle ordinarie prerogative aziendali”.

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