Lesivo dei principi di buon andamento e imparzialità della P.A il comportamento dell’Amministrazione che non tenga conto del criterio meritocratico dell’assegnazione delle sedi di concorso pubblico secondo l’ordine di graduatoria.
Il Tribunale di Messina, con sentenza del 14 febbraio 2025, ha accolto il ricorso degli Avvocati Santi Delia e Michele Bonetti pronunciandosi in merito alle procedure di stampo nazionale relativo all’assegnazione delle sedi di servizio successive alle immissioni in ruolo degli insegnati di scuola superiore.
L’aspirante docente messinese, vincitore di concorso collocatosi tra le prime posizioni, risultava destinatario di una sede in una provincia lontana dalla propria residenza, mentre vincitori dello stesso concorso, in posizione deteriore erano stati successivamente chiamati nella provincia da questi ambita a seguito della sopravvenuta disponibilità di posti vacanti.
Queste ultime, infatti, non erano state “riofferte” ai vincitori meglio graduati ma solo a tutti gli altri docenti collocati in posizione deteriore che, dunque, fruivano di vantaggi evidenti pur con punteggi più bassi.
Il Tribunale adito, accogliendo la tesi dell’Avvocato Santi Delia, ha considerato in palese contrasto con il criterio meritocratico dell’assegnazione delle sedi di concorso pubblico secondo l’ordine di graduatoria, le scelte attuate dal Ministero. “Il criterio dell’assegnazione delle sedi di concorso ai vincitori secondo l’ordine di graduatoria assurge al rango di principio normativo generale della materia che quindi opera anche nei casi in cui non sia espressamente previsto dal bando. In conseguenza, la scelta della sede tra quelle non ancora occupate da chi lo precede è un legittimo interesse giuridico del vincitore.
Eventuali deroghe al principio di cui sopra possono essere ammesse a condizione che siano espressamente contemplate ab initio nel bando di concorso e che non alterino la par condicio in senso sostanziale tra i concorrenti. Ne consegue che in sede di assegnazione delle sedi ai vincitori di concorso la P.A. non ha alcun potere discrezionale di “gestione”, in quanto il procedimento concorsuale è rigidamente regolato dal bando.
Deve dunque escludersi che –per autonoma iniziativa –l’amministrazione possa legittimamente derogare alla tassatività dell’ordine di graduatoria o modificare ad libitum i criteri di assegnazione, dopo la formale indizione della procedura concorsuale”.
Il Ministero avrebbe dovuto, nel rispetto del principio meritocratico e trattandosi di soggetti assunti in virtù della stessa procedura concorsuale e con la stessa decorrenza giuridica, procedere in ogni caso alla riassegnazione delle sedi resesi disponibili successivamente ai candidati collocati in graduatoria in posizione superiore, e solo in seguito procedere all’assegnazione delle sedi ai candidati chiamati alla scelta in data posteriore poiché collocati in posizione più bassa in graduatoria.
Il Ministero, stante l’importanza della procedura concorsuale e la complessità del processo, è stato condannato a rifondere ai legali quasi 10 mila euro di spese.