Non una ma ben due domande errate nel concorso scuola per la classe di concorso di Italiano, Storia e Geografia A022. Il Consiglio di Stato ha accolto la domanda cautelare proposta da un candidato su due errori riguardanti il quesito sulla congiunzione “ebbene” e un brano di “Petrarca” ammettendolo alla prova orale.
Il ricorso riguardava l’accesso alla prova orale per la classe di concorso di Italiano, Storia e Geografia A022 ed il T.A.R. aveva ritenuto le domande prive di criticità facendo riferimento alle nuove deduzioni della Commissione di concorso che, per la prima volta, aveva argomentato circa la bontà del proprio operato negando, quindi, l’attribuzione dei punti necessari al ricorrente per procedere alla successiva prova orale.
Il TAR Lazio, difatti, in una prima fase della trattazione di tali ricorsi, aveva ritenuto fondate le deduzioni dei nostri ricorrenti prendendo atto dell’omessa confutazione delle perizie da parte del Ministero. Quest’ultimo, dunque, aveva frattanto provveduto a interpellare la Commissione che aveva insistito sui propri argomenti ritenendo corretto il proprio operato.
Ed il TAR gli aveva dato ragione. Secondo il TAR, difatti, “il ricorso non appar[iva] assistito da fumus alla luce della relazione depositata dall’Amministrazione sui quesiti contestati da parte ricorrente e rispetto ai quali la risposta considerata giusta dalla Commissione di concorso si pone come l’unica sicuramente corretta, costituendo invece le altre risposte dei c.d. “distrattori”, aventi dei meri margini di plausibilità in base ad interpretazioni recessive in materie, quali quelle umanistiche, che inevitabilmente non godono della certezza scientifica“.
Ma su cosa si basava la relazione depositata dall’Amministrazione?
Su testi scritti da noti e importanti autori sui principi generali sottostanti i quesiti somministratiti e non i quesiti stessi.
“Citando la definizione di Luca Serianni (Lingua comune, p. 400)”, si legge nella relazione del Ministero, “le congiunzioni conclusive uniscono due parole o due frasi di cui la seconda esprime la conseguenza o la conclusione della prima”. Pertanto, nel quesito proposto dalla commissione, ebbene ha funzione conclusiva: il rifiuto del favore (seconda parte della frase) è la (conseguenza) conclusione della richiesta espressa nella prima parte della frase”. Lo stesso Ministero, inoltre, sosteneva che “nel citato manuale di Luca Serianni, è riportata la medesima frase in un esercizio volto al riconoscimento delle congiunzioni conclusive ed esplicative (vd. foto esercizio n. 9, p. 403, Lingua comune, di Luca Serianni)” senza che, tuttavia, sia presente la soluzione.
Il tema, tuttavia, al di là dell’eserciziario (con ogni probabilità non curato dal Prof. Serianni stesso ma dalla comitato redazione del manuale) è che proprio su quello specifico quesito, invece, lo stesso Autore del Manuale citato, aveva rilasciato a noi perizie e pareri espressi con cui concludevano per l’erroneità dei quesiti.
Il Consiglio di Stato ha valorizzato proprio tale nostra tesi accogliendo l’appello. “Alla luce delle deduzioni dell’appellante”, scrivono i Giudici di Palazzo Spada, “supportante da numerose allegazioni tra le quali anche le valutazioni espresse dall’Accademia della Crusca relativamente al quesito contrassegnato con il n. 42 (e sul quesito n. 2) nel compito dell’appellante, appaiono sussistere i presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare riproposta in sede di appello”.
Sul quesito n. 42, in particolare, la nostra tesi riteneva corretta la risposta “avversativa”, il Ministero, viceversa, riteneva che la risposta corretta fosse “conclusiva”. Oltre all’Accademia della Crusca anche il noto linguista Serianni, scomparso qualche settimana addietro, aveva confermato che “anche a me pare che il contesto faccia premio sulle pure classificazioni teoriche. L’esempio sul quale verte la domanda è, quantomeno, infelice. Ritengo la risposta “avversativa” pienamente accettabile”. La Commissione, invece, aveva difeso la propria tesi citando un testo dello stesso Serianni sul tema generale e non applicato al caso concreto.
Per chiedere se si è ancora in tempo ad agire scrivere a santi.delia@avvocatosantidelia.it