CONCORSO DSGA. Il TAR del Lazio spiega perché l’ipotesi di illegittima composizione della Commissione rileva solo con riferimento a vizi concreti.

Il TAR del Lazio con sentenza del 31 gennaio 2023, sposando la tesi dello Studio Legale Bonetti & Delia che rappresentava in giudizio i soggetti controinteressati, ha rigettato il ricorso proposto dai candidati non ammessi alle prove orali del concorso ordinario per l’accesso al profilo professionale di DSGA.

Il Giudice Amministrativo ha esaminato la fattispecie della incompatibilità dei membri della Commissione che abbiano rivestito incarichi politici affermando che “le fattispecie di incompatibilità non possono trovare un’applicazione meramente formalistica, essendo piuttosto necessario verificare se la situazione concreta dedotta in giudizio sia idonea a incidere sul giudizio della Commissione medesima, nel senso do orientarlo a favore di un candidato (o di un gruppo di candidati) piuttosto che un altro, sicché ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui al citato art. 35, comma 3, lettera e), d.lgs. n. 165/2001 – devono sussistere elementi concreti, univoci e concordanti idonei a dimostrare l’influenza che un componente della Commissione possa avere esercitato in favore di alcuni candidati per avere rivestito un ruolo decisivo o significativo all’interno dell’Amministrazione che indice il concorso”.

In secondo luogo è stata affrontata la questione attinente all’equilibrio di genere tra i componenti delle Commissioni di esame, spiegando che la parità di genere deve tenere conto della composizione complessiva della Commissione ivi compresi i supplenti e non solo dei titolari.

Infine, l’On.le Collegio ha ulteriormente confermato la tesi dell’Avv. Delia name founder dello Studio Legale Bonetti & Delia – rigettando le doglianze di parte ricorrente – sulla regolarità del Verbale di Correzione degli elaborati non sottoscritto da tutti i commissari bensì esclusivamente dal Presidente e dal Segretario. Il TAR ha tal proposito ha infatti ribadito il principio per cui: “il difetto di verbalizzazione, ove sussistente, in sintesi non comporta l’inesistenza dell’atto amministrativo, dato che la determinazione volitiva dell’organo è ben distinta dalla sua proiezione formale, confermandosi, così, la distinzione tra atto deliberato e sua verbalizzazione”.

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