Stabilizzazioni Madia: è possibile computare nei 3 anni di servizio i contratti a tempo inderminato? La nostra vittoria in Tribunale.

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I procedimenti di stabilizzazione della Legge Madia, anche in ragione delle proroghe accordate, sono certamente uno dei temi più caldi della stagione delle assunzioni in questo momento pandemico. Grazie alla procedura di cui al comma 1 dell’art. 20, in particolare, i lavoratori precari possono ottenere la trasformazione del loro contratto a tempo determinato solo con la partecipazione cartolare al procedimento di ricognizione e senza dunque partecipare a ulteriori prove scritte e/o orali avendo già, in precedenza, superato un analogo concorso.

Il tema oggi sottoposto all’esame del Tribunale e che ha trovato l’avallo delle tesi proposte dall’Avvocato Santi Delia, riguardava, appunto, le condizioni per accedere a tale peculiare procedura di stabilizzazione e se, in particolare, “il servizio triennale” previsto dalla Legge possa, in concreto, essere svolto in tutto o in parte anche a tempo indeterminato. Un tema che, più specificamente, si incontra sempre più spesso nell’ambito del reclutamento dei Dirigenti Medici che, stante l’evidente maggiore domanda del mercato rispetto ai pochissimi pretendenti, si trovano a ben poter valutare di lasciare un posto di ruolo già ottenuto in  passato ma con delle caratteristiche, territoriali o professionali, non più confacenti alle capacità ed aspettative frattanto conseguite.

Secondo l’ASP di Messina, “il servizio prestato a tempo indeterminato non doveva essere valutato” giacchè “le norme in esame erano dirette a contrastare il fenomeno del precariato e quindi a garantire stabilità lavorativa a coloro i quali sono titolari di rapporti a termine, a differenza di quanto in possesso della ricorrente che, invece, era titolare di ben due rapporti a tempo indeterminato, nella medesima qualifica di dirigente medico, presso presso altre aziende sanitarie nazionali”. La tesi dell’Azienda, in particolare, si appuntava sulla diversa natura della procedura di stabilizzazione evidenziando come i soggetti che hanno avuto già un contratto di ruolo non potrebbero mai accedervi sfruttando tale percorso perchè “nel caso in cui la ricorrente,  avesse desiderato [ambire a cambiare territorio o Azienda valorizzando le proprie competenze], avrebbe dovuto attivarsi per beneficiare di una delle molteplici possibilità concesse dal CCNL, e quindi, dal semplice comando, alla mobilità volontaria, all’interscambio, etc”.

Il Tribunale, tuttavia, aderendo alla tesi, invero innovativa nel panorama nazionale dell’Avvocato Santi Delia, ha evidenziato come “dal tenore della normativa richiamata, non si rinviene alcun riferimento alla tipologia o durata del rapporto di lavoro computabile ai fini del raggiungimento del suddetto triennio di servizio. Come evidenziato da parte ricorrente infatti, l’art. 20 comma 1 individua il rapporto a tempo determinato come condizione legittimante l’accesso alla stabilizzazione, rispettivamente in relazione alla tipologia di rapporto esistente al momento di presentazione dell’istanza (lett. a) ed in riferimento alla fase di reclutamento (lett. b); diversamente alla lett. c) utilizza il termine “servizio”. Non può dubitarsi che a tal fine rilevi sia il servizio – inteso come svolgimento di un rapporto di lavoro in regime di subordinazione – espletato nell’ambito di un contratto a tempo determinato che quello espletato nell’ambito di un contratto a tempo indeterminato, ovviamente come nel caso di specie non più vigente“.

Le nostre importanti vittorie in ambito nazionale nel campo delle stabilizzazioni della Legge Madia, tanto sulla tipologia dei contratti da computare (inserendo, tra gli altri, quelli di ricerca o che comunque, a prescindere dal nomen, sono sostanzialmente analoghi a quelli a tempo determinato), sul servizio svolto in discipline affini, e solo per citare la più importante, sulla possibilità di partecipare anche ai soggetti con contratti già di ruolo , dimostrano quanto ancora aperto sia il dibattito e quanti margini vi siano ancora nell’interpretazione di una disciplina ormai vecchia di 4 anni ma che continua a far discutere giuristi ed esperti del settore.