La mancata impugnazione della mera rettifica della graduatoria non determina l’improcedibilità del ricorso

Il Consiglio di Stato con sentenza pubblicata in data 13 gennaio 2025, ha riformato la sentenza del TAR del Lazio che, dopo aver mosso l’eccezione d’ufficio, aveva dichiarato il ricorso improcedibile per la mancata impugnazione della rettifica della graduatoria mediante ricorso per motivi aggiunti.

In particolare, i Giudici di Palazzo Spada hanno rilevato che, nel caso in esame, si trattava di un una semplice rettifica mediante la quale l’Amministrazione provvedeva alla correzione di alcuni errori riguardanti la posizione altri concorrenti diversi dal ricorrente, effettuata in conformità a quanto stabilito dal bando, senza alcun esercizio di discrezionalità e, soprattutto, senza in alcun modo modificare il punteggio attribuito al ricorrente.

Pertanto, accogliendo in toto la tesi proposta nell’appello, il Consiglio di Stato ha dichiarato l’erroneità della sentenza in quanto “il rilievo d’ufficio della improcedibilità del ricorso di primo grado appare, in verità, essere avvenuto in contrasto con i principi stabiliti dall’art. 64 c.p.a. che prescrive che esso avvenga sempre “sulla base degli elementi prodotti dalle parti” ovvero sull’acquisizione disposta dal giudice di “informazioni e documenti” utili ai fini del decidere e poiché la concreta lesione dell’interesse dell’originario ricorrente è in effetti riconducibile direttamente alla pubblicazione della prima graduatoria finale del 24 febbraio 2023, non venendo in alcun modo reiterata, se non indirettamente, dalla mera rettifica apportata in un momento successivo (pubblicata il 19 aprile 2023) che non costituisce rinnovato esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione, ma semplice adempimento da parte di quest’ultima degli obblighi di correttezza e buon andamento nell’agire amministrativo dinanzi all’evidenza di errori materiali da correggere o alla necessità di esecuzione di pronunce giudiziali”.

La sentenza così prosegue: “…se, da un lato, deve essere ribadito il principio più volte affermato anche da questo Consiglio per cui <<nei giudizi in materia di concorsi pubblici, l’omessa impugnazione della graduatoria finale del concorso comporta la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del giudizio, poiché l’eventuale accoglimento della domanda di annullamento dell’esclusione dalla prova orale non può incidere sulla citata graduatoria, una volta che questa sia divenuta inoppugnabile>>, e secondo il quale ciò è dovuto al fatto che l’approvazione della graduatoria finale, pur appartenendo alla stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto che determina la lesione del ricorrente, non ne costituisce conseguenza inevitabile, atteso che la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di una pluralità di soggetti terzi rispetto al rapporto in origine controverso, dall’altro, occorre sottolineare come, nel caso di specie, sussistano alcune peculiarità che escludono tale effetto preclusivo, costituite dal carattere di mera rettifica della successiva graduatoria non specificamente impugnata e, soprattutto, dall’omessa allegazione dell’avvenuta approvazione di tale nuovo atto nel corso del giudizio di primo grado, nel quale la nuova graduatoria non risulta essere stata neppure citata dalle parti, né, tantomeno, essere stata addotta a fondamento di un’eccezione di improcedibilità”.

I giudici di Palazzo Spada hanno concluso affermando: “è pur vero che poi l’Amministrazione competente ha proceduto a rettificare più volte la suddetta graduatoria e che i ricorrenti hanno impugnato il solo primo atto di rettifica e non i successivi, ma questa circostanza non costituisce valido elemento per ritenere che sia venuto meno il loro interesse a ricorrere, in quanto:

  1. i) l’atto lesivo per i ricorrenti è rappresentato dall’approvazione della graduatoria a livello nazionale, mentre le rettifiche che riguardano le posizioni singolari dei concorrenti non incidono direttamente sulla loro sfera giuridica;
  2. ii) non si ravvisano ragioni per discostarsi dal principio di diritto secondo cui il carattere di mera rettifica della graduatoria esclude l’obbligo del ricorrente di impugnare qualsivoglia modificazione della graduatoria definitiva”.

In ragione di ciò, ed in ragione della fondatezza anche nel merito del ricorso la sentenza del TAR è stata riformata con l’accoglimento della pretesa avanzata dall’originario ricorrente.

Si tratta, spiega l’Avvocato Santi Delia, di un importante principio in tema di concorsi pubblici che evita, in capo ai concorrenti e ricorrenti, ripetute impugnazioni con oneri ed adempimenti processuali sempre più gravosi e che rischiano di rendere più difficoltoso l’accesso alla giustizia.